Lo sfruttamento senza riguardo delle risorse naturali e l’oppressione mirata di popolazioni in tutto il mondo non sono il risultato di un capitalismo malato, bensì la sua ragion d’essere. Rappresentano il terreno fertile su cui ottenere smisurate quote di crescita e profitto. Le crisi economiche mondiali sono sotto quest’ottica logiche e nient’ altro che un meccanismo di regolazione. L’economia e i governi, facendo parte di questo sistema, lottano con veemenza per la sua sopravvivenza, incuranti delle devastanti conseguenze. Il prossimo collasso del sistema capitalista è prevedibile. Il solo indignarsi ormai non basta più!
Indignarsi ieri – resistenza oggi
Un
 governo deve essere al servizio del popolo e non viceversa. E come 
governo ha da rappresentare gli interessi di tutto il popolo. Non è 
assolutamente di nostro interesse che esistano posti di lavoro mal 
retribuiti e miserabili condizioni di lavoro nonostante guadagni da 
primato, che ci sia penuria di alloggi pagabili nonostante il boom delle
 costruzioni, che facilitazioni tributarie per le cosiddette elite 
portino allo smantellamento nell’assistenza sociale e nell’educazione.
Giorno
 per giorno possiamo notare quali sono gli interessi che sono 
effettivamente salvaguardati, e quali rapporti di dipendenza sono nati a
 causa della neoliberalizzazione degli ultimi decenni. Prendiamo come 
esempio lo spostamento della produzione verso paesi non aventi leggi 
protettive del lavoro e leggi per la tutela dell’ ambiente. Minacce di 
spostamento della produzione da parte di grandi consorzi fanno già da 
molto tempo parte del loro repertorio di argomentazione. O le enormi 
somme di denaro pubblico stanziate a favore di istituti finanziari 
internazionali. Come conseguenza la guerra condotta contro lo stato 
sociale ha raggiunto nuove dimensioni, mentre i diritti costituzionali 
sono messi allo sbaraglio. I responsabili di tutto ciò invece continuano
 ad approfittare delle sofferenze e della povertà altrui.
La 
deregolarizzazione dei mercati si combina con una regolarizzazione 
eccessiva della vita pubblica. Si va installando un ordinamento politico
 di sorveglianza e di sicurezza che va oltre le più spaventose fantasie 
di un George Orwell. Nello stesso momento ha luogo una discriminazione 
di persone socialmente svantaggiate. Profughi sono criminalizzati in 
blocco. Gruppi di migranti sono diffamati. Campagne diffamatorie di 
questo genere producono volutamente paure per mettere gli uni contro gli
 altri. Chi oppone resistenza e bolla gli abusi è a sua volta diffamato e
 criminalizzato. Più la dignità umana è calpestata, più la stabilità 
politica è in pericolo!
Individualismo ieri – collettivismo oggi
E
 inquietante vedere con quale indifferenza l’opinione pubblica tratti 
questi sviluppi distruttivi. L’individualismo in senso capitalista ha 
portato alla scomparsa di ogni senso di solidarietà ed è corresponsabile
 dell’esodo di milioni di persone in tutto il mondo, della povertà che 
produce fiumane di profughi e della continua precarizzazione che porta 
alla rovina di sempre più gente.
Quello di cui abbiamo bisogno è 
una percezione collettiva. Una percezione che, facendo parte del mondo 
intero, abbiamo delle responsabilità. Una percezione che un modo di vita
 basato sul consumo e su una tacita complicità porta alla rovina 
sistematica degli ambienti naturali in tutto il mondo. Una percezione 
che porti a una consapevolezza collettiva. Una percezione che possiamo 
metter fine alla distruzione delle strutture sociali solo 
intromettendoci collettivamente. Una percezione da cui possa nascere 
un’ovvia azione collettiva. Un’azione che non permette di spingere 
persone nell’illegalità e che fa sentire tutta la sua solidarietà 
incondizionata. Un’azione infine che lotta contro lo sfruttamento e 
l’oppressione.
Senza questo senso di collettività e senza 
un’azione solidale di tutti noi non ci sarà cambiamento. Per ciò 
dobbiamo essere pronti a mettere in discussione le cosiddette 
“differenze” e a fare autocritica in quanto al nostro ruolo nel sistema.
 La collettività è composta di molti aspetti. Uniamoci, cerchiamo cause 
comuni, siamo solidali, organizziamoci, sosteniamoci a vicenda! Esigiamo
 una giustizia sociale durevole in tutto il mondo!
Per queste 
rivendicazioni andiamo sulle strade e sulle piazze il 5 maggio a 
Lucerna. Alziamoci e gridiamo: Non c’è futuro per il capitalismo! Tutti 
insieme al ballo anticapitalista!    


